Congresso internazionale per i formatori alla vita consacrata


“Che il Cristo già formato in te

cresca fino a diventare immenso”

(Isacco della Stella)

Dal 7 all’11 aprile 2015 si è tenuto a Roma il Congresso internazionale per i formatori alla vita consacrata, promosso dalla Congregazione (CIVCSVA) nell’anno dedicato alla vita consacrata, dal titolo “Vivere in Cristo secondo la forma di vita del Vangelo” (Perfectae caritatis 2).

È stata una grazia potervi partecipare. Al di là dei contenuti ascoltati, il simposio mi ha permesso di respirare con tutta la chiesa il clima spirituale della vita consacrata oggi. Un respiro universale sia dal punto di vista carismatico che geografico. Eravamo circa 1300 provenienti da ogni continente e, credo, da ogni istituto religioso. Quando lo abbiamo incontrato, il Papa ci ha detto simpaticamente che “ci sono più formatori che formandi”. Ad ogni modo ho potuto confrontarmi con realtà e culture diverse. Per esempio, è stato interessante lo scambio avuto con un monaco Maronita proveniente dalla chiesa d’oriente del Libano e comprendere che, nonostante le differenze culturali e sociali, sostanzialmente le problematicità formative sono le stesse.

È stato un appuntamento molto importante, non solo per quanto riguarda la formazione, ma per la vita consacrata in genere, perché penso che lo spessore della vita dei consacrati illumini la formazione e che la serietà della formazione dia slancio e forza a tutta la vita consacrata. Come dice il Papa è necessario guardare il passato con gratitudine, vivere il presente con passione e abbracciare il futuro con speranza.

Mi appresto a condividere con voi la mia esperienza di quei giorni, non facendovi la cronaca esatta o il resoconto dettagliato di ciò che ho ascoltato e vissuto, ma provando a trasmettervi ciò che è restato… il gusto di Dio che è rimasto e che quindi non passa. Sono certa che di conseguenza il gusto di Lui possa rimanere anche in voi.

Prima di iniziare è necessario sfatare un mito: quando si partecipa ad un convegno o ad un corso di formazione oppure di aggiornamento si nutre l’arcana e pagana speranza di ascoltare qualcosa di nuovo, qualche novità entusiasmante capace di sollecitare la gratificazione personale. Ebbene a questo convegno non ho ascoltato “cose nuove”, non ho scoperto strategie innovative che potrebbero modificare finalmente i nostri ambienti formativi, ho riascoltato le cose di sempre ma forse con un cuore che vuole radicarsi in ciò che veramente conta. A questo proposito mi è tornata in mente una parola di San Giovanni Paolo II quando nella Novo Millennio Ineunte prospettava il nuovo itinerario di fede per il terzo millennio. Penso che la sua esortazione ben si applichi ai percorsi formativi:

« Che cosa dobbiamo fare? » (At 2,37).

Ci interroghiamo con fiducioso ottimismo, pur senza sottovalutare i problemi. Non ci seduce certo la prospettiva ingenua che, di fronte alle grandi sfide del nostro tempo, possa esserci una formula magica. No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi! Non si tratta, allora, di inventare un «nuovo programma». Il programma c’è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste. È un programma che non cambia col variare dei tempi e delle culture, anche se del tempo e della cultura tiene conto per un dialogo vero e una comunicazione efficace. (nr. 29)

Nel raccontarvi ciò che rimane nella memoria parto da alcuni spunti offerti dalla relazione di Michelina Tenace, poi mi soffermo sul discorso di Papa Francesco ai partecipanti al raduno (11 aprile 2015) e concludo con alcune riflessioni e provocazioni alla vita consacrata da parte dei vescovi presenti (S.E. Card. De Aviz e S.E. Carballo, pretetto e segretario CIVCSVA) e invitati (S.E. Card. Stella, prefetto Congregazione per il clero e S.E. Zani segretario Congregazione per l’educazione cattolica).

Michelina Tenace ha aperto la sua esposizione con una citazione di Solov’ëv che vi ripropongo. Nel breve racconto sull’anticristo l’imperatore domanda ai cristiani cosa c’è di più prezioso nel cristianesimo ed essi rispondono che la cosa più preziosa è Cristo!

Se davvero la nostra risposta è la stessa, allora comprendiamo che la profezia della vita consacrata nella Chiesa oggi è riproporre la novità che non tramonta mai, ossia il sole che sorge dall’alto. La nostra vita dovrebbe testimoniare a tutti la bellezza della sequela del Signore (VC 66). Ripartire da Cristo è l’invito sempre attuale nella Chiesa, dunque è anche il segreto della vita consacrata stessa… l’anima di ogni formazione. Ripartire da Cristo significa “ritrovare il primo amore, la scintilla ispiratrice da cui è iniziata la sequela. È suo il primato dell’amore. La sequela è soltanto risposta d’amore all’amore di Dio”. (Ripartire da Cristo 21). Per ripartire da Cristo è necessario situare la formazione in un preciso orizzonte teologico, che è quello cristologico e trinitario. La teologia dà le basi per una seria formazione e provoca concrete scelte formative. L’orizzonte cristologico illumina i percorsi educativi che dovrebbero mirare a far crescere il farsi dono, il consegnarsi al mistero pasquale della vita cristiana innanzi tutto, e religiosa ancora di più. La vita religiosa abbraccia il Cristo Crocifisso senza il minimo sconto, anzi… significa conquistarlo a prezzo pieno. Il consacrato, poi, rivela il mistero della Santissima Trinità nella comunione fraterna. A questo livello si sprecano le applicazioni pratiche che ricadono sulla formazione e comprendiamo quanto sia attuale fondare la vita consacrata e la formazione sulla Teologia Trinitaria. Le relazioni sono profezia del Regno… dalle nostre relazioni il mondo potrà vedere o non vedere Dio.

Alla fine del simposio Papa Francesco nel suo discorso, in poche parole, ha detto tutto l’essenziale! Ci ha detto che la formazione è un privilegio che permette di partecipare all’opera del Padre che plasma il cuore di Gesù in coloro che lo Spirito chiama perché abbiano gli stessi sentimenti del Figlio (cfr. Fil 2,5). Tutti i consacrati sono formatori in quanto non c’è crisi vocazionale dove esistono testimoni della bellezza. Il Papa ci ha raccomandato di tornare sempre dove abbiamo incontrato il Signore, alla bellezza di quel primo stupore. Ha espresso questo valore parlando di pellegrinaggio alla propria Galilea. Mi piace ridirvi proprio le sue parole, che non sono rese in un italiano perfetto ma che, secondo me, rendono più caldo il significato che voleva trasmetterci: “se non si segue questa strada memoriosa c’è il pericolo di restare lì dove ci si trova e, anche, c’è il pericolo di non sapere perché ci si trova lì”. La strada memoriosa ci porta sempre là dove tutto ha avuto inizio, sostiene il presente e fa guardare con speranza il futuro. Il Papa ha inoltre raccomandato di essere amorosamente attenti al cammino di ognuno, ma anche evangelicamente esigenti in ogni fase del cammino formativo perché “non c’è niente di più bello nella vita dell’appartenere per sempre e con tutto il cuore a Dio e dare la vita al servizio dei fratelli”.

Al termine del convegno i vescovi hanno voluto consegnarci degli orientamenti su cui metterci in discussione nel vasto campo della formazione. Bisogna tener conto delle sfide educative del contesto attuale per uscire dall’autoreferenzialità. La società di oggi è “adolescentrica”, digitale, pluralista… è quindi necessario spostare l’asse dei processi educativi dal “magister” ai suoi destinatari. L’educatore dovrebbe mettersi al servizio nella piena collaborazione con tutte le altre istituzioni, perché oggi “è la città che educa”.

A più riprese i vescovi hanno ribadito l’importanza della formazione dei formatori: ci hanno rivolto l’invito a curare una sana e solida formazione umano-spirituale a prescindere dai titoli.

Poi ci è stato ricordato che non è il momento di una formazione “light”, bisogna essere esigenti; camminare a partire da Cristo; mettere Gesù al centro del progetto formativo; formare nella comunione con la chiesa; formare alla vita fraterna; accendere la passione (“o siamo follemente innamorati di Lui o ci innamoreremo del primo che passa”); coltivare lo spirito missionario anche verso le periferie del pensiero, non solo verso le periferie esistenziali, perché è sempre più urgente il dialogo con la cultura.

Termino consegnandovi una lunga citazione che contiene una sorta di parafrasi delle beatitudini del formatore. Possa ogni suora francescana alcantarina ritrovarsi nella beatitudine della formatrice, perché ognuna di noi ha il dono e la responsabilità di lasciar formare Cristo dentro di sé e collaborare perché Egli si formi nell’altra e in ogni altro:

Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. (Mt 5, 1-10)

Beati voi che, sentendovi poveri di fronte al sublime compito di formare Cristo nei cuori, confidate nell’azione dello Spirito Santo, che mostra Gesù come “il più bello tra i figli dell’uomo”. È lo Spirito che suscita il desiderio di conformarsi a Cristo nella profondità del cuore, che infonde i sentimenti del Figlio e fa nascere le sue emozioni, i suoi affetti, la sua stessa sensibilità; che accende la passione dell’annuncio perché sia visibile nel nostro tempo la forma di vita del Figlio di Dio. Quando questo avviene il Vangelo si rivela in modo nuovo e il Regno di Dio è in mezzo a noi.

Beati gli afflitti, perché saranno consolati

Beati voi quando sapete condividere con i formandi la fatica della conversione, della difficoltà nel lasciare tutto per seguire Cristo, della risposta generosa.

Beati voi, formatori, se siete liberi di accogliere nel vostro cuore le sofferenze dei giovani, se li guardate con empatia, senza riserve, permettendo loro di riversare almeno un po’ della propria pena nel vostro cuore e a voi di accoglierla con la tenerezza e la misericordia del Padre.

Beati quei formatori che piangono per le delusioni e i fallimenti che inevitabilmente incontreranno. Siate certi, riceverete consolazione dal Signore: il quale asciugherà ogni lacrima e renderà fecondo il vostro servizio.

Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.

Beati voi, se sapete attendere con pazienza i tempi di maturazione del buon seme gettato con costanza e fiducia, senza imporre nulla con la forza o l’astuzia, senza pretendere di esser voi  a gestire il raccolto.

Beati i formatori-seminatori, che continuano a seminare in ogni caso, in ogni momento, in ogni cuore, ben sapendo che il seme ha una sua forza ed efficacia. Beati voi se agite senza mai fare alcuna violenza, sottile e nascosta, nemmeno per ottenere il bene, perché Dio vi darà la terra promessa dei cuori.

Beati i formatori che con la loro mitezza ricordano a chi è in formazione che l’unica cosa davvero necessaria è farsi come ciotole di terracotta, in cui altri possano bere a piccoli sorsi il cielo.

Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati

Beati voi, se portate nel cuore l’intenso desiderio di vedere realizzata la giustizia di Dio, la sua passione per la vita e la fraternità. E cercate il disegno divino in ciascuna persona vocata, anche a costo di non essere compresi; senza imporre i punti di vista personali, o gli interessi di istituto, affinché ognuno sia se stesso secondo il sogno di Dio.

Beati voi se farete questo, perché la verità vi darà la libertà di chiedere l’impegno totale a ogni giovane a voi affidato e di essere persuasivi e credibili, senza manipolazioni o forzature. E il Padre esaudirà i santi desideri del vostro cuore.

Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia

Beati voi formatori e formatrici se avete incontrato il Dio  ricco di tenerezza lasciando che la sua misericordia plasmi in voi un cuore di carne,  compassionevole, capace di scoprire il fuoco sotto la cenere di chi sembra aver perso ogni speranza. Se saprete ridare forza alla fiamma che sembra spegnersi insegnerete le vie per scendere nelle tante attuali terre del dolore, ed essere  consolazione di Dio.

Sarete testimoni di Dio che ascolta il grido del povero, vede le miserie umane e si china su di esse con misericordia. I vostri giovani vi seguiranno.

Beata la comunità di formazione, piccola “Chiesa in uscita”, “dalle porte aperte”. Fraternità in cui il giovane “si mette mediante opere e gesti, nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione, se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo” (Francesco, Discorso ai Vescovi della Conferenza Episcopale del Giappone in visita ad limina Apostolorum, 20 marzo 2015).

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio

Beati voi se avete un cuore retto e sincero, una vita senza ipocrisia e uno sguardo trasparente. La formazione alla vita consacrata è itinerario di purificazione del cuore perché possa entrare nel mistero dell’eternamente Amante.

Guidate i giovani, con impegno costante, a vivere la comunione con Lui senza doppiezze, a gustare la sua intimità e le sue cose (cfLc 2, 49).

Beato quel formatore  che trasmette al giovane la bellezza di Dio e la certezza che solo l’Eterno può riempire la sete d’affetto del cuore umano.

Beato il formatore innamorato di Dio e appassionato per l’uomo, che sa comunicare, a un tempo, la bellezza di amare Dio con un cuore totalmente umano, e amare la persona con un cuore che sta imparando a voler bene in modo divino.

Beati voi formatori se saprete vedere i giovani con gli occhi di Dio, e saprete vedere Dio nel loro cuore!

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio

Beati voi formatori, uomini e donne in pace con se stessi, se sarete sensibili al bisogno immenso di pace in un mondo diviso e saprete costruire pace nel cuore dell’altro e nelle relazioni.

Beati coloro che educano alla pace e all’unità interiore come fondamento di ogni fraternità.  Beati voi se saprete formare alla fraternità ordinata e alla convivialità delle differenze, nella varietà delle culture: lì il Signore abita.

Assieme ai vostri giovani, sarete figli di Dio e disarmerete i cuori da ogni aggressività, come terapia di bontà e benedizione per tutti.

Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli

Beati voi quando siete perseguitati a causa della testimonianza che rendete al Signore Gesù, gioia dei vostri occhi, delizia dei vostri cuori.

Beati voi formatori dei Paesi ove i cristiani sono perseguitati: vivete nella vostra carne il mistero pasquale. Beati voi che, come il chicco di grano, portate molto frutto.

La Chiesa tutta in voi e con voi soffre, alimenta la speranza, invoca la pace e annuncia il regno dei cieli.

 

Sr Elena Gozzi