Da chi riceverò amore?


«Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia». (Sof 3, 17-18) «Le folle interrogavano Giovanni dicendo: “Che cosa dobbiamo fare?”. “Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare faccia altrettanto. Non estorcete nulla a nessuno, non esigete più di quello che vi è dovuto”». (Luca 3, 11-13)

«Esulterà per te, di festa». Nelle parole del piccolo profeta Sofonia, Dio danza di gioia per l’uomo, il suo grido di festa dice a ogni creatura: «Tu mi fai felice».Mai Dio aveva gridato nella Bibbia. Aveva parlato, sus-surrato, era venuto in visioni e sogni; solo qui, solo per amore, la parola si moltiplica in grido. Non per minaccia, solo per amore Dio grida. Dio è amore che non si Chi ha, dia! Ci è stato insegnato che la sicurezza consiste nell’accumulo, che felicità è comperare un’altra tunica oltre alle due, alle molte, che già possedia mo. Giovanni, invece, getta preoccupa per prima cosa di essere corrisposto: intanto ama. È un Padre che neppure chiede di essere riamato: intanto ama. Amare è la sua festa eterna, ciò che fa nuova la mia vita. Mentre Sofonia intuisce la danza dei cieli, il Battista risponde alla domanda più feriale, che sa di mani e di fatica: «Che cosa dobbiamo fare?» L’uomo che non possiede nemmeno una veste, risponde: «Chi ha due vestiti ne dia uno a chi non ne ha». Il profeta che si nutriva del nulla che offre il deserto, cavallette e miele selvatico, risponde: «Chi ha da mangiare ne dia a chi non ne ha».
Appare il verbo che fonda il mondo nuovo, il verbo costruttore di futuro: dare. griderà di gioia per te, come nei giorni nel meccanismo del mondo, per incepparlo, questo verbo forte: date, donate. In tutto il Vangelo il verbo amare si traduce sempre con il verbo dare. È la legge della vita. Vengono pubblicani e soldati: «E noi che cosa faremo?». Non esigete, non estorcete, non maltrattate. Tre verbi, un programma unico: rifare, nella giustizia, l’alleanza tra uomo e uomo.
«Che cosa devo fare?» chiede l’uomo di sempre. Le risposte di Giovanni sono vere, eppure insufficienti. In-fatti, sottolinea Luca, tutto il popolo era in attesa, aveva ancora fame. Restava aperto un problema più im-portante ancora: dove trovare la forza per diventare generosi? E poi: è sufficiente questo per essere felici? La domanda vera non è: che cosa devo fare, ma chi devo incontrare? Chi verrà con amore e mi stupirà e mi renderà forte come un uomo forte? Chi? La risposta è a Natale. Un fiore di carne, un pianto di bambino: incarnazione non della Parola, ma del Grido di Dio, grido d’amore che ripete ancora, danzando attorno a me e a ogni uomo: Tu mi fai felice!E noi che cosa dobbiamo fare? Giovanni risponde indicando come si debba agire. Perché non conta ciò che fai, ma come lo fai. Puoi essere parlamentare o contadino, docente o militare, non conta la professione, ma la qualità del tuo agire: con quanta giustizia, impegno, umanità, con quanta passione e autenticità svolgi il tuo compito. Là dove sei chiamato a vivere, nell’umile quotidiano, lì devi essere uomo di giustizia e di comunione. È la tua profezia. Allora, a cominciare da te, si riprende a tessere il tessuto buono del mondo.Dio seduce proprio perché parla ancora il linguaggio della gioia, perché «il problema della vita coincide con quello della felicità» (F. Nietzsche).

Ci rivolgiamo a Cristo Gesù nella segreta speranza che, come dice Sofonia, ci renda nuovi con il suo amore. Gesù non annulla la giustizia predicata da Giovanni ma in qualche modo la supera proponendo: «Io vi rinnoverò con il mio amore. Io vi battezzerò in un fuoco capace di bruciare tutte le resistenze». Scrive Thomas Merton: «L’amore si può conservare solo se lo si dona, ma lo si può donare solo se lo si è ricevuto». Da chi riceverò amore?